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Filiera corta in Valdarno

Filiera corta in Valdarno

La filiera corta è una filiera produttiva caratterizzata da un numero limitato di passaggi produttivi, e in particolare di intermediazioni commerciali. Idealmente porta al contatto diretto fra il produttore e il consumatore, evitando le intermediazioni, specie quelli commerciali. Lo scopo della filiera corta è ovviamente ridurre al minimo tutti quei costi accessori che trasporto e intermediazione commerciale comportano.
Anche nel Valdarno il consumo di prodotti di origine locale sta vivendo un periodo di grande espansione, e non a caso: la promozione dei prodotti “a chilometro zero” ha risvolti positivi sotto tanti punti di vista. I cibi di provenienza locale sono più freschi dei prodotti che hanno dovuto subire trasporti e immagazzinamento. I prodotti del territorio consentono il risparmio delle spese di trasporto e delle emissioni di anidride carbonica, pertanto la loro scelta contribuisce in modo significativo alla sostenibilità ambientale. Dal punto di vista economico è evidente che il consumatore che si rivolge direttamente al produttore possa spuntare un prezzo particolarmente favorevole, cosa che non va sottovalutato in un periodo di crisi come quello attuale.
Inoltre la esclusione di passaggi intermedi riesce a garantire un prezzo equo al produttore che in tal modo è stimolato ad espandere la sua produzione.
Detto tutto questo è evidente che i piccioni di Matassino, frazione di Figline Valdarno sulla riva destra dell’Arno, sono perfettamente in linea con le ultime tendenze. Evitando qualunque complicazione si servono direttamente alla fonte, come ben si vede nella foto scattata pochi giorni fa nei pressi di Matassino. Si cibano dei semi di girasole direttamente sul campo. Arrivano a stormi e si posano sui fiori secchi e pieni di semi dei girasoli e beccano i semi finché non sono sazi.
Scene di questo genere si potevano vedere su e giù per il Valdarno negli ultimi tempi, perché i contadini non hanno raccolto i girasole quando erano maturi; ne ignoro il motivo.

Castagne a Lucolena

Gli abitanti di Lucolena preparano (castrano) le castagne per la festa

Lucolena è una frazione di montagna del comune di Greve in Chianti, dal quale dista di pochi chilometri. Poggia su significativi resti etruschi che in buona parte ancora aspettano di essere esplorati dagli archeologi. Il nome stesso di Lucolena indica chiaramente un’origine etrusca. Ma gli studiosi ancora non sono d’accordo sul suo significato.
Il paese è situato sui pendii del Monte San Michele a un’altezza di 600 metri.
Il paese è famosissimo per le sue prelibate castagne. Le castagne vengono utilizzato da tempi antichissimi per la produzione di farine che oggi si usano principalmente per la produzione di dolci tipici come il castagnaccio.
Il castagnaccio è piatto tipicamente autunnale che si ottiene facendo cuocere nel forno un impasto di farina di castagne, acqua, olio extravergine d’oliva, pinoli e uvetta. Varianti locali prevedono l’aggiunta di altri ingredienti, come rosmarino, scorze d’arancia, semi di finocchio o frutta secca. Accompagnamento ideale del castagnaccio sono la ricotta e il vino novello. Il castagnaccio è un piatto “povero” nel vero senso della parola, diffusissimo un tempo nelle zone appenniniche dove le castagne erano alla base dell’alimentazione delle popolazioni contadine. Dopo un periodo di oblio, iniziato nel secondo dopoguerra e dovuto al crescente benessere, è stato riscoperto e oggi è protagonista, nel periodo autunnale, di numerose sagre e feste come quella di Lucolena il 22 e 23 di ottobre.
Ma la vera specialità di Lucolena sono i marroni. I marroni sono castagne di pezzatura grossa e nel ricco ci sta uno solo; il seme si sbuccia facilmente e la buccia ha una striatura in rilievo. Comparato a altri tipi di castagne gli alberi di marroni producono poco, cosa che rende i marroni ancora più pregiati.
Nella foto si vedono alcuni abitanti del paese che preparano (castrano) i marroni che saranno consumati durante la festa.

Brodo di giuggiole

Un ramo fiorito di giuggiolo visitato da un ape mellifera

A Figline Valdarno i giuggioli (Ziziphus zizyphus) si sono ricoperto di fiorellini che diffondono il loro dolce profumo nell’aria a metri di distanza dagli alberi. E le brave api (Apis mellifera) si danno un gran d’affare volando da un fiore all’altro per raccoglierne il nettare che contribuisce alquanto a dare un buon sapore al miele toscano. Inoltre provvedono pure a impollinare i piccoli e numerosissimi fiorellini che così in autunno ci daranno un’ abbondante raccolta di giuggole con la quale sarà prodotto brodo di giuggiole, un antico liquore ricco di vitamina C e zuccheri, dal sapre molto dolciastro.
In Cina il giuggiolo viene coltivati da millenni, difatti i frutti sono pure noti come datteri cinesi. Vengono seccati e oggi sono facilmente reperibili nei mercati etnici dove e anche possibile reperire vari prodotti a base di giuggiole come sciroppi e confetture.
I romani importarono l’albero in Italia, e la chiamarono “Zyzyphum”, tant’è che nel Veneto e in Liguria ancora oggi la giuggiola viene chiamata rispettivamente “zizoea” e “zizoa”.
Se il frutto del giuggiolo, la giuggiola, viene colto quando non è anona maturo ha un sapore simile a quello di una mela. Con il procedere della maturazione tuttavia, il colore si scurisce, la superficie diventa rugosa e il sapore diviene via via più dolce, fino ad assomigliare a quello di un dattero. Le giuggiole si consumano sia fresche, appena colte dall’albero, sia dopo un periodo di ulteriore maturazione in magazzino, quando sono leggermente raggrinzite. Dopo un’opportuna fermentazione possono anche essere usati produrre un liquore, procedura già nota agli Egizi e Fenici. Il piccolo comune veneto di Arquà Petrarca è famoso nel mondo per i suoi ottimi prodotti a base di giuggiole, compreso il famoso brodo di giuggiole.

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Agricoltura urbana

Agricoltura urbana

L’agricoltura urbana consiste nel coltivare, trasformare e distribuire il cibo all’interno di contesti fortemente urbanizzati come città e villaggi.
L’agricoltura urbana può prevedere l’allevamento di animali, soprattutto di piccola taglia quale polli e simili. A questo va aggiunto l’apicoltura per la produzione locale di miele pregiato.
Agricoltura urbana a Matassino nei pressi di Figline Valdarno
Di particolare importanza è l’orticoltura che fornisce verdure fresche e non gravate da costi di trasporto. Piccoli frutteti a ridosso di centri urbanizzati completano il quadro dell’agricoltura urbana.
Negli ultimi anni l’interesse intorno a questa pratica è cresciuto notevolmente a causa di alcuni aspetti:

  • La produzione locale di cibo è una possibilità di ridurre il trasporto e con esso la produzione di diossido di carbonio.
  • Movimenti come Slow Food hanno generato un sempre crescente interesse intorno a specialità alimentari locali e la loro produzione con metodi tradizionali.
  • Per fortuna sta aumentando la richiesta di cibo prodotto nel rispetto dell’ambiente e della giustizia sociale.

Nella foto uno splendido esempio di tale agricoltura nel Valdarno, a Matassino, piccolo borgo che completa Figline dall’alta parte del fiume Arno. Incastrato tra la autostrada A1 e una seri di tralicci di un elettrodotto ad alta tensione un contadino anziano sta zappando a mano filari di cipolle. Ha pure già steso una rete per la produzione di piselli e in primo piano stanno spuntando piantine di fagioli, dei quali i toscani sono assai ghiotti. Sullo sfondo si vede pure un rigoglioso cespuglio di sambuco da secoli apprezzato per le sue proprietà culinarie e terapeutiche.
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Coccinella vola!

Una coccinella spicca il volo dal petalo di una rosa

Marienkäfer, flieg!

Der Vater ist im Krieg.

Die Mutter ist im Pommerland.

Und Pommerland ist abgebrandt.
Marienkäfer flieg.

Coccinella vola!
Il babbo è in guerra.
La mamma è in Pomerania.
E la Pomerania è bruciata.
Coccinella vola!

Marienkäfer flieg (coccinella vola) è una canzone popolare tedeca, nota a tutti i bambini di questa lingua che la cantano soprattutto nei mesi di maggio e giugno rincorrendo le coccinelle che compiono una parte del loro ciclo vitale durante questi mesi.
La canzone dedicata alle coccinelle fu cantata le prime volte durante la guerra dei trent’anni che dopo il 1618 distrusse anche vaste zone della Pomerania.
Il testo della canzone si trova, tra l’altro, nella raccolta Des Knaben Wunderhorn. Alte deutsche Lieder gesammelt von Ludwig Achim von Arnim und Clemens Brentano, Heidelberg 1808. La melodia fu scritta da Johann Friedrich Reichardt nel 1781 e usato anche per Schlaf, Kindlein, schlaf! (dormi, bambino, dormi)
È curioso notare che esiste anche una canzoncina inglese con parole uguali, che viene cantata pure nella stessa occasione dai bambini inglesi.

Lady-bird, lady-bird, fly and begone!

Your house is a-fire and your children at home.
All except one, and that’s Little Anne
For she has crept under the warming pan.

In questo periodo è facile trovare delle coccinelle nelle zone verdi che sono molto abbondanti ed estese a Figline Valdarno, ma sembra che i bambini italiani non provino alcun interesse per queste piccole, meravigliose creature che oltretutto portano fortuna.
È un peccato.
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